lunedì 22 settembre 2014

Ma in Italia da quanto si parla di didattica nei musei?


Forse non ci crederete, ma in Italia la coppia concettuale didattica e museo ha origini pluricentenarie. L'esempio tra i più antichi e emblematici è la Pinacoteca Ambrosiana di Milano, voluta e donata da Federico Borromeo nel 1618, a cui, 3 anni dopo, affiancò l'Accademia di pittura e scultura, affinché tutti coloro che si sentivano inclini verso l'arte, avessero un luogo di formazione dove trovare modelli e ispirazione da quadri e copie di antiche sculture. 

Altri esempi si susseguirono nel tempo e il periodo più fecondo di tale connubio non è oggi, come tentiamo di credere, bensì quello compreso tra la seconda metà dell'800 e il primo decennio del 900, quando, dopo l'unificazione, diverse antiche strutture museali vennero affiancate da prestigiosi Licei e viceversa. 

Gabinetto di Scienze Naturali all'Istituto Tecnico Costa - Lecce
(foto da: http://scienzasalento.unisalento.it/pdf/O.G.Costa.pdf


Uno tra i rari esempi in Italia meridionale - e mi è caro ricordarlo perché è nella mia terra,  mentre su esempi del centro-nord vi è ampia letteratura sia cartacea che on-line -, fu l'Istituto Tecnico di Lecce, sorto nel 1888 e intitolato a uno dei più insigni naturalisti moderni: Oronzo Gabriele Costa. Qui alla fine dell'800 si ritrovavano grandi studiosi dell'epoca che ben presto dotarono l'Istituto di due Gabinetti scientifici, oggi ritenuti tra i più avanzati d'Italia di fine Ottocento per attrezzature e collezioni; e qui furono riordinati i primi reperti paleontologici e paletnologici provenienti dalle pionieristiche ricerche realizzate nel territorio salentino ad opera di studiosi capeggiati da Ulderigo Botti. Qui, questi studiosi conducevano le loro ricerche e i loro studi … gomito a gomito con gli allievi dell'Istituto che, naturalmente, oltre al proprio normale percorso formativo, godettero, in tal modo e per poco più di un ventennio, di opportunità di apprendimento non comuni.

Il periodo del secondo dopoguerra a cui, invece, si fa risalire la nascita del binomio museo-didattica, fu in realtà il momento, certamente anch'esso storico, dell'ufficiale riconoscimento della funzione della didattica come componente intrinseca del ruolo di un museo, quale settore di ricerca e studio nell'ambito della disciplina museologica e servizio altamente sociale di queste strutture culturali. Perché nel frattempo, tra la prima e la seconda guerra mondiale si era persa memoria del fantastico periodo di fine 800, asserviti i Musei alla propaganda di potere e, di conseguenza, costretti a valorizzare soprattutto il privilegio di una cultura della romanità, tanto da allentare man mano i principi su cui avevano fondato l'azione educatrice di fine 800. Ci volle un'intero ventennio, tra gli anni 50 e gli anni 70 del secolo scorso, per spazzare via i retaggi della concezione fascista e riportare alla ribalta il ruolo didattico del Museo: a cominciare dal Convegno di Perugia del 1955 e culminando con il Convegno di Roma del 1971 Il museo come esperienza sociale. Ma mentre accadeva tutto ciò, avveniva anche che i Musei venivano destituiti come luoghi di ricerca, in virtù della nascita del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e delle sue estensioni periferiche: le Soprintendenze.

E come un Museo può efficacemente svolgere il proprio ruolo didattico se gli si nega di compiere ricerche e studi sui settori disciplinari di cui espone i documenti? e come può un Museo progredire con nuove acquisizioni scientifiche se gli viene negato di poter potenziare le proprie collezioni di nuovi reperti attraverso la ricerca attiva? Un Museo di preistoria, ad esempio, come rinnova le proprie esposizioni e aggiorna di nuovi contenuti la sua azione educativa se non può condurre attivamente ricerche sul campo e stare al passo con le nuove acquisizioni di conoscenza?



Attività ludica al Museo


Esperienza didattica affatto ludica - osservazione di sezioni sottili 
di ceramiche preistoriche e ceramiche attuali al microscopio.







E la didattica museale ritorna, così, ad affrontare un nuovo periodo di declino, in cui le nuove prospettive si riducono alla visita guidata a gruppi scolari in gita … ma, e qui casca l'asino, ora è resa più affascinante e coinvolgente, con le emergenti "strategie ludiche". Non vi è più bisogno, come era un tempo, di quell'educatore museale che era anche studioso esperto, ricercatore sul campo di quello che comunicava. I giovani freschi freschi di laurea, spesso anche solo triennale, rispondono a pennello, invece, a questa nuova strategia: entusiasmo a mille, passione e dedizione, le loro mille idee e progettini "didattici-ludici" e, sopratutto, contrattino stagionale. 


Ho fatto parte anch'io di questo gruppo, appena laureata, un millennio fa soltanto, in un importante museo che spaziava dal paleolitico, all'archeologia classica, ad una incredibile pinacoteca dal 500 al 900. Pretendevano che illustrassi ai gruppi scolari l'intero percorso: gli altri fanno tutti così, mi dissero, indispettiti dal mio strabuzzio di occhi. In cosa sono laureati? chiesi timida e preoccupata di essere l'unica con una sola laurea. La maggior parte in storia dell'arte, fu la risposta, ma c'è anche una laureata in archeologia. Ah, fu il mio commento; stavo per girare i tacchi ma non lo feci, guardai dritto negli occhi il mio interlocutore e dissi: se volete, io mi occuperò solo del percorso preistorico, poi passerò ad altri per continuare. Rimasi lì per tre stagioni scolastiche, iniziando e concludendo, contemporaneamente, la Scuola Speciale per Archeologi Preistorici, e rivoluzionai tutto… ma a modo mio, con la piccola e giovane esperienza sul campo e la passione insana per le cose preistoriche, senza un serio progetto museale, né un indirizzo e senza seguire quella che oggi diciamo mission di un museo. I curatori per conto loro, noi per conto nostro, il direttore per conto suo.Intendiamoci, non sto generalizzando, e me ne guarderei bene: ci sono tanti, tantissimi musei che, malgrado le difficoltà interne ed esterne a loro, conoscono e perseguono i seri percorsi pretesi dalla didattica (altro che "gente delle poste", come ho avuto la "fortuna", tempo addietro, di sentir appellati gli operatori museali); ma, credetemi, sono i primi ad essere danneggiati dalle politiche "attrai scuola" di altri musei che hanno mutato l'obiettivo qualitativo in quello quantitativo della loro mission.

D'altronde è ciò che ci chiedono da tante parti, dati in mano e confronti con l'estero.

Perché diciamocelo chiaro una volta per tutte, una attività educativa fatta seriamente, che nasca cioè da un progetto preciso e sinergico di integrazione e approfondimento dei programmi delle diverse scuole del territorio e preveda precise regole di tempi, di numero di partecipanti, di linguaggi differenziati a seconda dell'età e dell'indirizzo scolastico, di strategie psico-pedagogiche, di attrezzature e strumenti, di feedback e tanto di altro, poco si concilia col piccolo costo, oltre il quale difficilmente riusciremmo ad attrarre le scuole.

Ma si può affidarle all'esterno come servizio accessorio di un museo e lavarsene finalmente le mani.

Medica Assunta Orlando


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